Armando
Inserisci qui il tuo testo...
ARMANDO "IL POSTINO"
Come tutte le mattine si svegliò all'alba.
Da tempo ormai non aspettava più che la sveglia
suonasse; La vecchia sveglia che gli teneva compagnia per tutta la notte con un
ticchettio, regolare e malinconico.
Davanti allo specchio consumato del bagno, Armando sbadigliò e si stiracchiò la
pelle, s'infilò gli occhiali spessi come fondi di bottiglia e apri gli occhi.
Si guardò in viso.
Il suo aspetto disordinato non lo preoccupava più da
tempo. Capelli lunghi argentati dall'età, maltagliati e mal pettinati, barba
incolta, anch'essa sfoltita non più di due volte l'anno, quando ne trovava il
tempo, lo rendevano un personaggio.
L'aspetto trasandato veniva però compensato dal suo modo di fare gentile e
rispettoso, molto legato al suo lavoro, che era diventato la sua ragione di
vita.
Era prossimo alla pensione.
Armando viveva solo da tempo. Non aveva avuto figli ed era vedovo ormai da
parecchi anni.
Uscì dalla porta posteriore e si avviò verso il portico sul fianco destro della
casa, vicino al grande albero di fichi. Li, teneva parcheggiata la vespa rossa,
il suo unico mezzo di locomozione.
Tutte le mattine, anche quando c'era cattivo tempo, si presentava al lavoro
puntuale in groppa alla sua vespa.
Abitava poco lontano dall'ufficio dove lavorava e svolgeva, come diceva lui, la
professione più bella del mondo - il portalettere-.
Giunto all'ufficio si tolse il giaccone giallo fosforescente e si avvicinò al
distributore automatico di bevande, infilò i pochi spiccioli che servivano per un
caffè, premette il pulsante con la scritta "senza zucchero" e poi "caffè
espresso". La macchina emisi un sibilo segno che il caffè era pronto, sfilò lo
scodellino bollente dalla sporgenza centrale e come tutte le mattine si gustò la
bevanda.
Sarebbe stata giornata piena, oltre al lavoro, mille commissioni.
Doveva portare le medicine ad Angela di Calvignano e
la farmacia sulla piazza principale di Casteggio, proprio quel giorno, era
chiusa per turno, quindi avrebbe dovuto cercarne un'altra aperta, inoltre
doveva pagare e riportare i bollettini a Guerci di frazione San Biagio. Questo,
però non era urgente, li avrebbe potuti restituire qualche giorno dopo, anche
se erano da pagare subito altrimenti scadevano.
Un rumore lo distolse dai suoi pensieri era arrivato il furgone con la posta. Insieme ai colleghi aiutò a scaricare le cassette gialle piene di corrispondenza.
Per fortuna quella mattina non era arrivato molta corrispondenza.
Ripartito il tutto e preparata la sua corrispondenza
per la distribuzione, cominciò a legare i pacchi di posta con gli elastici
ricavati da una camera d'aria che gli aveva regalato un gommista suo amico.
Prese le raccomandate, riempì il bauletto della moto con la posta appena
preparata, fissò la borsa sul portapacchi anteriore del motorino, indossò il
casco e partì in cerca di una farmacia aperta.
Andare fuori dal percorso della propria zona non era permesso, ma per Angela si
poteva fare.
Lei era anziana, abitava in un piccolo paese, dove non c'erano negozi e viveva
sola.
Non andava mai nessuno a trovarla. Solo un nipote ogni tanto passava, ma lo
faceva raramente e ad Armando che una mattina lo incontrò durante una delle sue
visite, aveva fatto una cattiva impressione, più che un parente sembrava un
estraneo.
Dopo aver assistito a quell'incontro Armando, si era preso l'impegno morale di aiutarla.
Tra loro si era instaurato un rapporto che andava
oltre la semplice amicizia.
Trovata la farmacia ritirò le medicine e cominciò la distribuzione della
corrispondenza.
Come tutte le mattine giunto all'altezza della latteria di Mario, controllò tra
le raccomandate e vide che aveva una consegna per lui.
Si trattava di una multa che la figlia, fresca di patente aveva preso al semaforo di Casatisma.
Dopo aver aperto il plico Elena la moglie, ebbe
un'esclamazione di meraviglia e contemporaneamente di sconforto.
"Centosessanta euro!" disse, e rivolgendosi ad Armando con voce incerta
aggiunse, le devo proibire di usare l'auto e contemporaneamente gli servì il
caffè che tutte le mattine gli offriva.
Armando risalì sulla moto e continuò il lavoro.
Terminata la parte del giro in pianura, cominciò la salita. A lui piaceva la
collina.
In una delle prime cascine, subito dopo la frazione Tronconero abitava Sergio. Suonò il campanello, attese qualche momento ma non venne nessuno ad aprire.
Era strano, di solito a quell'ora Sergio era a casa.
Pensionato con la passione per la falegnameria Sergio
era un suo grande amico. Si conoscevano da sempre e con lui qualsiasi
avvenimento diventava motivo per festeggiare con le gambe sotto il tavolo e un
bottiglione di quello buono, davanti.
Risalì sulla moto e ripartì. Percorsi pochi metri rallentò, invertì la marcia e
ritornò sui suoi passi.
Giunto davanti alla casa di Sergio, appoggiata la moto sul cavalletto laterale,
attraversò il fossato che costeggiava lateralmente il cortile della casa. Andò
in fondo al terreno e svoltò seguendo il reticolato fino a dove Sergio aveva
fatto l'orto.
La sua intuizione risultò fondata. Sergio stava seminando l'insalata con il
solito cappello di paglia pieno di buchi, sulla testa.
Da quel copricapo Sergio non si separava mai. Lo indossava sempre quando andava nell'orto, altrimenti lo riponeva sulla finestra della cantina, dietro alla grata, riparato dalla pioggia e dal vento.
Un giorno al ritorno dall'ospedale dove era stato
ricoverato per un paio di settimane, andò per prendere il cappello di paglia e
lo trovò abitato da una famiglia di uccellini, che ci avevano fatto il nido.
Quell'avvenimento lo aveva reso felice e tutti i giorni senza disturbare,
andava a controllare che i piccoli stessero bene.
Passato il periodo dello svezzamento, trovò il cappello vuoto. Gli uccellini erano cresciuti e se ne erano volati via.
Quel fatto aveva creato un attaccamento particolare
verso quel cappello.
Quando vide Armando, si alzò di scatto, si salutarono e corse verso l'ingresso
per aprire il cancello e farlo entrare.
Aveva seminato l'aglio l'autunno prima ma ancora non erano spuntati i germogli.
Mostrando l'aiuola ad Armando lo guardò con l'espressione di chi chiede
consiglio.
"Dove hai comprato la semenza?" chiese Armando.
"Da Segalini" rispose Sergio.
"Ti sta bene!" "Ti ho già detto cento volte che li vendono roba vecchia".
Discutendo erano arrivati sotto al portico che separava l'orto dal cortile.
Armando si sedette su quello che rimaneva di una vecchia sedia a sdraio,
afferrò la bottiglia di bonarda che stava appoggiata su una piccola botte usata
come tavolino, prese il cavatappi e la stappò.
Nel frattempo Sergio ritornò dalla cantina, dove era
entrato con passo spedito un attimo prima, portando in mano due bicchieri
recuperati da vasetti di nutella, mezza treccia di pane e due cacciatorini.
Sergio tutti gli anni uccideva il maiale e non esistevano salami, coppe e
cacciatorini più buoni dei suoi. Armando promise a Sergio che gli avrebbe
procurato l'aglio da seminare.
Terminata la breve merenda, si salutarono e ognuno riprese l'attività
interrotta.
Armando non finiva mai di lavorare nell'orario previsto.
Forse andare a casa e trovarla vuota senza nessuno che lo aspettasse
contribuiva a legare Armando ancora di più ai suoi clienti.
Proseguì verso Calvignano.
I fossi ai bordi della strada ricamati da pratoline e dai ciuffi delle prime viole, dipingevano il paesaggio.
Il cielo azzurro e il primo tepore primaverile che il
sole portava insieme ai mille profumi, la rendeva una giornata meravigliosa.
Ettore, il fattore dell'azienda Frecciarossa lo aspettava. Aveva una lettera da
spedire.
"Armando mettici il francobollo" disse. "Poi domani ci sistemiamo"
Armando afferrò la lettera al volo e senza fermarsi la mise nel cestino che
aveva davanti sul manubrio e proseguì.
Si era fatto tardi, sicuramente Angela sarebbe stata in pensiero. Tutte le
mattine Armando si presentava puntuale a casa sua per il caffè. Quel giorno
aveva anche le medicine e certamente lei non vedendolo arrivare alla solita ora
si sarebbe preoccupata. Fra loro si era creato un forte legame. Angela con i
suoi ottantadue anni vedeva Armando come un figlio. Era prodiga di consigli, si
consolavano a vicenda, ricordando entrambi i bei momenti passati con i
rispettivi coniugi che non erano più con loro.
Arrivato a Calvignano, l'Armando puntò verso la casa di Angela. Lasciò la
strada comunale, svoltò a destra, percorse i pochi metri di strada privata
passando davanti alla casa di Rossano l'impiegato comunale, poi di nuovo a
destra e superato lo stretto passaggio molto ripido, che portava al cortile
della casa, scorse Angela che dal balcone gesticolava rimproverandolo.
"Ho acceso e spento il caffè già tre volte" disse. "Posso accendere adesso,
oppure devi fare altro prima di venire su".
"Arrivo!" Rispose Armando togliendosi il casco.
"Angela, ho fatto tardi perché Sergio mi ha fermato." " Abbiamo chiacchierato e
fatta merenda" si giustificò Armando.
"Come sta?" Chiese lei.
"Bene, bene" disse Armando
"Ha comprato l'aglio da Segalini e non è germogliato".
Angela sorrise.
" C'è ancora solo lui che compra le semenze da quello li" e insieme scoppiarono
in una risata.
Entrato in casa, consegnò le medicine riportando tutte le raccomandazioni che
il farmacista aveva fatto a lui, bevve il caffè, si rassicurò che Angela stesse
bene e riprese la distribuzione della corrispondenza.
Salutando spiegò che non poteva fermarsi oltre perché sarebbe dovuto andare in
valle Cevino da Mariuccia per consegnare una raccomandata.
Fatta l'ultima consegna, erano ormai le tre del pomeriggio, Armando riprese la
strada verso l'ufficio.
Lentamente senza fretta ritornava godendosi il verde
delle colline dell'Oltrepò.
Era contento delle opportunità che quella professione gli offriva per rimanere
a contatto con i clienti, la relazione che lui era riuscito a stabilire con
loro andava oltre un semplice rapporto
di lavoro, era diventato un rapporto di vita. Se per avere questo privilegio
bisognava ogni tanto bagnarsi i piedi, era un prezzo che lui era disposto a
pagare volentieri.
Assorto nei suoi pensieri, per nulla preoccupato di guardare la strada, tanto
la moto dopo tutti quegli anni di servizio sarebbe riuscita a tornare
all'ufficio da sola, guardava le vigne ai bordi della strada.
Le viti erano cariche di germogli, gelate permettendo sarebbe stata una buona
annata.
Iniziò la discesa verso Casteggio. Allontanandosi dalle coline e dalla sua
gente Armando andava gradualmente perdendo il sorriso, assumendo quell'aria
malinconica e trasandata che vedeva al mattino quando si guardava allo specchio
appena sveglio.
"Armando!" "Armandooo!"
La voce giungeva dalla vigna alla sua sinistra. Lui rallentò.
"Sono qui, sono Pietro" disse un contadino che stava lavorando nella vigna ai
bordi della strada.
Armando si fermò e rispose "Dimmi Pietro"
"Questa sera a casa mia alle otto mangiamo la frittura di maiale." "Vieni anche
tu?" " Magari vieni prima, che sei pratico e mi aiuti a preparare". "Il vino lo
porta Sergio".
Il sorriso tornò sulle labbra di Armando.
"Volentieri!" " Grazie per l'invito!"
Con una grande accelerata si lanciò nella discesa, contento.
Il suo lavoro era la sua vita.
